Quasi 300 miliardi di euro, ovvero il 2% del PIL complessivo: è questo il budget che imprese, istituzioni pubbliche ed enti no profit dedicano ogni anno in Europa alla ricerca e sviluppo. La mappa dell’innovazione disegnata da Eurostat non è però omogea e, accanto a Paesi virtuosi dove si spende molto e si ottengono ottimi risultati, ci sono aree in cui gli investimenti sono scarsi e i frutti mediocri.
Il record positivo spetta al Brabante Vallone, la regione belga dove oltre l’11% del PIL viene destinato alla ricerca. In un territorio che ospita circa 400mila abitanti si concentrano diversi parchi scientifici, i laboratori di molti colossi farmaceutici, nonché l’università di Leuven, prima in Europa per numero di brevetti e pubblicazioni internazionali.
Le regioni italiane non sono purtroppo contemplate tra quelle che hanno già raggiunto l’obiettivo fissato dall’Unione Europea per il 2020, vale a dire una spesa per l’innovazione pari ad almeno il 3% del PIL. Come riportato anche da Il Sole 24 Ore, il nostro fiore all’occhiello è il Piemonte, con la notevole concentrazione di progetti legati all’auto, la robotica, l’aerospazio e le telecomunicazioni. Si distingue poi Milano, quarta in Europa per numero di marchi registrati e seconda per numero di brevetti di design.
Come ridare vigore all’innovazione nel nostro Paese? La ricetta non è certo semplice, nè immediata, ma è forse giunto il momento in cui ciascuno faccia la propria parte, mettendo a fattor comune quelle competenze e quegli strumenti che potrebbero non solo rilanciare la ricerca, ma soprattutto alimentare la trasformazione della nostra economia e della nostra società.
L’invito è dunque ad aprire le porte alla costruzione di nuovi ecosistemi che, sfruttando anche le potenzialità delle tecnologie digitali e mobile, mettano insieme imprese e università, attori pubblici e organizzazioni private, con l’obiettivo comune di innovare per crescere.
Perché l’innovazione, prima ancora che di risorse e capitali, è fatta di idee, conoscenze, confronto.