Abbandonati gli status symbol dei genitori, i Millennials non amano il lusso in quanto tale, né sono interessati a possedere un bene fisico, come ad esempio la casa o l’automobile, se non strettamente necessario. La vera ricchezza è per loro la possibilità di godere di un servizio quando e dove serve, magari condividendo l’esperienza con le persone più vicine.
Questo cambiamento culturale, incoraggiato anche della rivoluzione digitale e mobile, è alla base dell’affermazione della ‘sharing economy’ e delle start-up a essa collegate. Da Uber a AirBnB, da Car2Go a BlaBlaCar, il modello non è troppo distante da quello che Napster aveva sperimentato già all’inizio degli anni 2000, dando agli utenti la possibilità di scambiare contenuti musicali peer-to-peer. Le nuove piattaforme di sharing permettono di condividere beni e servizi in tempo pressoché reale, mettendo in contatto chi ha bisogno di un passaggio e chi va nella stessa direzione, chi cerca un alloggio o uno spazio per lavorare e chi ha un appartamento o una scrivania libera, chi ha un’idea e chi vorrebbe investire. Un business che, secondo Credit Suisse, potrebbe generare nel mondo un fatturato complessivo pari a 335 miliardi di dollari entro il 2025 (oggi ne vale circa 40).
Cosa accade se la condivisione viene proposta in abbonamento? Da una costola della sharing economy spicca ora il volo la cosiddetta ‘subscription economy’, con servizi e contenuti offerti attraverso formule personalizzate di abbonamento. Anche in questo caso, il concetto di fondo non è del tutto nuovo, se consideriamo che il 74% degli italiani ha già sottoscritto almeno un abbonamento (dalla telefonia alla rivista preferita, dallo streaming TV alla palestra), e il 50% ne ha tra due e cinque.
Eppure, la possibilità di trasformare i consumatori occasionali in clienti fedeli rappresenta una sfida per molte aziende, che vedono negli abbonamenti un modello di business più flessibile, efficiente e remunerativo, nonché capace di costruire una relazione più profonda e intima con le persone. La raccolta e l’analisi dei Big Data è il presupposto per leggere in modo approfondito le abitudini dei clienti e intercettare le loro esigenze, anche inespresse, così da studiare servizi davvero rilevanti e innovativi per i propri interlocutori.
Ancora una volta, non è il prodotto o la tecnologia a essere al centro dell’attenzione, ma il consumatore. Il vero elemento critico per avere successo nella subscription economy è infatti la fiducia, che le persone sono disposte a dare alle aziende e i brand che si dimostrano in grado di condividere un reale valore.