Inaugurando il nuovo anno accademico dell’Università Bocconi di Milano, il rettore Gianmario Verona si è soffermato a lungo sull’innovazione quale motore di crescita per qualsiasi azienda, settore e Paese. Mi permetto di condividere alcuni spunti del suo discorso, con l’auspicio siano occasione di riflessione e confronto.
Il prof. Verona ha definito il nostro tempo come foriero “di una spinta di innovazione tecnologica che presenta, per la prima volta nella storia dell’umanità, tratti assolutamente straordinari”. La tecnologia digitale è “la nozione più nobile di innovazione” ed è innanzitutto trasversale, ovvero ha la capacità di trasformare i processi, le dinamiche e lo sviluppo di qualsiasi settore industriale e qualunque ambito della vita. Si tratta inoltre di una tecnologia evolutiva, che cambia nel tempo perché si arricchisce continuamente di strumenti che aprono nuove opportunità alle persone e le imprese. Web, mobile, social, cloud, ma anche Internet of Things, Big Data, realtà aumentata, intelligenza artificiale sono termini che abbiamo imparato a conoscere negli ultimi anni, nonché porte aperte verso un futuro che è sempre più presente.
Il digitale è globale e capillare, perché può potenzialmente riguardare e coinvolgere tutti. Bastano due numeri per inquadrare questo aspetto. Nel secondo trimestre 2017, il tasso di penetrazione della telefonia mobile ha raggiunto quota 103%: ciò significa che nel mondo ci sono più Sim che persone, per un totale di 7,7 miliardi di sottoscrizioni a servizi mobile. Sempre a livello mondiale, entro il 2025 ci saranno quasi 7 trilioni di sensori connessi, che abiliteranno una quantità di applicazioni davvero impressionante. Questo ci dà l’idea di quanto il digitale possa estendersi, e di come possa essere inclusivo.
Altra peculiarità della tecnologia digitale è lo stretto legame con la domanda, cioè la possibilità di innescare lo sviluppo di nuovi prodotti, servizi e mercati che rispondono alle esigenze degli individui e della collettività. Anzi, dove l’innovazione nasce dall’ascolto della domanda, come nel caso dell’e-commerce o delle Smart City, le probabilità di successo sono decisamente più elevate.
Come ha ricordato il prof. Verona, una delle definizioni più interessanti del digitale la dobbiamo a Joseph Schumpeter, l’economista austriaco che già agli inizi del Novecento – quindi ben prima dell’avvento di Internet – studiò il concetto di innovazione. Se il digitale è trasversale, evolutivo, globale, capillare e vicino alla domanda, la sua vera forza sta nell’essere “disruptive”, ovvero portatore di una “distruzione creatrice” che può liberare idee e risorse per costruire un domani migliore.